La pedagogia educati del Santo dei Giovani Don Bosco letta dal punto di vista del suo rapporto con il “tempo”.

Alcuni “segreti” educativi del Santo torinese si possono cogliere ripercorrendo alcuni tratti della sua vita, e alcuni aspetti “di qualità” del suo tempo; dunque, evidenziando da dimensione “kairologica” del tempo (da “kairós”, il tempo opportuno e “di grazia” nel quale si oltrepassa muro del tempo ripetitivo e meccanico, per cogliere la profondità e la qualità non solo di alcuni momenti della vita, ma di ogni istante della vita e della vita nella sua interezza) .

Il dono del tempo

Giovanni Bosco non ha potuto frequentare regolarmente la scuola, almeno nei primi anni. Egli stesso racconta di aver iniziato la scuola pubblica a 13 anni. Era il più grande nella sua classe e il desiderio di non perdere tempo emerge più volte dalla sua narrazione di quegli anni. Ricorda, ad es. di aver perso vari mesi per l’incapacità di un insegnante di tenere la disciplina; e inoltre ci informa di aver superato per due volte, in un solo anno, l’esame di accesso alla classe successiva.

L’ottimizzazione dei tempi, diremmo oggi, è una qualità che ha contrassegnato l’intera esistenza di don Bosco. Perdere tempo significava per lui non mettere a frutto i doni di Dio stesso: il bene da fare non lasciavano spazio allo spreco di tempo! Una delle raccomandazioni che faceva ai suoi salesiani era la seguente: “Non vi raccomando penitenze e discipline, ma lavoro, lavoro e lavoro”. 

Uomo del suo tempo

Il rapporto di don Bosco con il “tempo” può forse essere compreso guardando al suo modo di vivere, alla sua formazione e al suo operato. Don Bosco è un uomo consapevole delle grandi trasformazioni che stavano segnando non solo il Piemonte e l’Italia. Gli stessi salesiani recepiraranno lo stile di don Bosco riassumendolo efficacemente così: “Con i tempi e con don Bosco”.

Emerge qui un tratto caratteristico di Giovanni Bosco. L’azione educativa può essere incisiva solo rimanendo al passo con i tempi, se non anticipandoli, con una grande attenzione ai contesti sociali e culturali. Ad esempio, per il desiderio di dare ai suoi ragazzi un lavoro valido e “formativo”, don Bosco si è fatto in quattro, attivando corsi di formazione professionale, acquistando macchine e strumenti all’avanguardia, e redigendo personalmente i cosiddetti “Contratto di apprendizzaggio” (apprendistato) firmato dal datore di lavoro, dall’apprendista e da lui stesso.

Il suo essere al passo con i tempi non gli faceva perdere di vista l’essenziale, e cioè il bene “integrale” dei giovani. Giovani che accoglieva e ai quali donava istruzione, competenze e una formazione continua. 

Giocare d’anticipo

Ma forse l’indicazione più eloquente del suo rapporto con il tempo ci viene proprio dal cuore della sua proposta educativa, da quel “sistema preventivo” che intende giocare d’anticipo in fatto di educazione.

La presenza e lo sguardo dell’adulto tra i numerosi ragazzi che riempiono aule e cortili, sono proprio il segno di una strategia pedagogica che pianifica e struttura ambienti di apprendimento, che delinea itinerari e metodi formativi, che prospetta traguardi “alti” da conseguire.

La sua metodologia educativa non lascia nulla al caso, ma non si tratta di una pianificazione che toglie libertà e spazi di autonomia. La sequenza della attività dell’oratorio e delle scuole di don Bosco sapeva alternare in modo sapiente momenti di impegno e di ricreazione, momenti di riflessione personale e di dialogo educativo (per don Bosco la “confessione” era lo strumento per accompagnare umanamente e spiritualmente la crescita dei suoi ragazzi).

Le feste e la loro preparazione erano l’occasione per educare al canto, alla recitazione... alle cose belle da celebrare insieme! E inoltre era un modo efficace di educare all’attesa, alla vigilanza, alla cura di sé e del proprio rapporto con gli altri. 

Nel metodo preventivo di don Bosco emerge la sua particolare considerazione della fase di vita dell’infanzia (cosa non scontata a metà ‘800), tempo prezioso e insieme delicato, tempo decisivo per la “qualità di vita” di ogni persona e per la maturazione della loro libertà. Le stesse biografie di alcuni suoi ragazzi (Domenico Savio, Francesco Besucco, Michele Magone) sono state scritte da don Bosco con l’intento di mostrare concreti esempi di vita pienamente vissuta, sebbene quei giovani siano morti in giovane età.

Tempo di “allegria”

La “qualità” del tempo per chi stava con don Bosco aveva probabilmente il nome di “allegria”. Fin da ragazzo Giovanni Bosco se ne fece promotore, convinto che essa fosse sintesi di correttezza e sincerità nei rapporti personali, di fedeltà ai propri “doveri”.

L’allegria e la qualità del tempo trascorso all’oratorio sono strettamente connesse con la personalità stessa di don Bosco e con la sua autorevolezza contagiosa. Con lui infatti collaboravano giovani e adulti: la solidarietà nell’impegno educativo emerge più volte nella sua storia. Don Bosco, insomma, non era un eroe solitario e inimitabile: l’allegria e la “santità” da lui proposte avevano senso all’interno di una comunità educante.

La qualità dei tempi della sua proposta educativa era dunque la sintesi di un insieme di fattori. 

Don Bosco intendeva innanzitutto educare i giovani ad una particolare capacità di ascolto e alla disponibilità nei confronti della “grazia” di Dio (la vita, cioè, è dono da accogliere a da mettere a frutto); e la “chiamata” di Dio è per tutti un evento che avviene nel quotidiano, a cominciare dai fatti più semplici e dagli incontri con le persone che sono più prossime. 

In secondo luogo, l’attenzione agli altri la capacità di servizio “qualificano” e cioè segnano in profondità le vite di ogni persona, anche la vite dei deboli, dei poveri, dei giovani. L’amore per gli altri non è inteso solo come un “fare la carità”, un’elemosina, bensì come uno slancio che coinvolge l’intera esistenza di una persona. L’attenzione “vocazionale” di don Bosco è essenzialmente un interesse profondo per l’intero arco di vita delle persone, tempo nel quale si è chiamati a… fare della vita un dono (Domenico Savio si paragona ad una stoffa nelle abili mani di un sarto per fare un bell’abito per il Signore).

Saper usare il tempo valorizzandolo

L’invito di don Bosco a usare sapientemente il tempo, la valorizzazione di ogni momento della giornata e dell’anno (ad esempio le vacanza estive), le piccole ma importanti indicazioni anche per gli educatori (“Nell’insegnamento, anche in quello superiore, brevità, precisione, chiarezza”), sono tutti strumenti che rivelano un’abilità che potremmo definire “artigiana” e, al contempo, “artistica”. L’opera d’arte educativa si nutre di una visione d’insieme di ampio respiro, e di un’attenzione costante alla singola situazione e alla singola persona.

Don Bosco è stato definito come profondamente uomo e profondamente santo. Qualcuno dopo la sua morte si chiese quando don Bosco avesse avuto il tempo di pregare, visti i suoi numerosissimi impegni. La risposta fu illuminante: quanto don Bosco non pregava?

La dimensione “attiva” e quella “contemplativa” della vita di don Bosco andavano di pari passo. Costituiscono un messaggio attualissimo soprattutto per coloro che operano in ambito educativo. E si potrebbe tradurre così il messaggio che ne deriva per noi oggi:

se è vero che una passione educativa sprovvista di abilità tecniche e di opportune metodologie risulta vuota e a volte deleteria, resta vero che un’autentica competenza educativa non è davvero tale se non è innervata da abilità tecniche con la passione interiore per il “bene”. 

La pedagogia di don Bosco è una pedagogia della speranza. Il suo messaggio attualissimo va colto e messo a frutto, perché tutti “abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).